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Durante i tre mesi di un vassa, Buddha insegna l'abhidhamma a sua madre ed all'insieme dei deva, nel loro mondo.
Ogni giorno, ritorna, per un istante, nel mondo umano, per darne un riassunto al monaco Sāriputtarā.
Giungendo nel mondo dei deva, Buddha rivide sua madre, che aveva ripreso nascita, qui, sotto il nome di Santusita. Egli insegnò le sette parti dell' abhidhamma, in particolare all'essere che fu sua madre (Māyādevī); ma, anche, a tutti i deva.
Nota: Ai nostri giorni, nessuno può essere certo sul sesso della madre di Buddha, quando ella rinacque presso i deva. Certuni pretendono che sia divenuta un deva; altri, assicurano che divenne una devī.
Durante i tre mesi che trascorse nel mondo dei deva, egli insegnò, senza posa, di notte, come di giorno. Per alimentarsi, discendeva, ogni giorno, nel mondo umano. A volte, andava a fare la colletta per il suo cibo in cime alle montagne Himavantā, dove, benché non vivesse alcun uomo, dei deva gli fornivano il nutrimento, proveniente dal loro mondo. A volte, andava a raccogliere il suo vitto molto lontano, là dove nessuno lo conosceva; ma, grazie ai suoi poteri psichici, egli sapeva da chi recarsi, nelle contrade lontane ove il sāsana non era conosciuto; verso persone dotate di un'immensa fede e di un rispetto naturale verso i rinuncianti. Non si recava a fare la colletta nel majjhima desa, perché non voleva trovarsi imbarazzato, davanti a persone che lo avrebbero invitato. Se egli eludeva queste situazioni, era per non perdere tempo sulla terra; doveva presto risalire per continuare l'insegnamento dell'abhidhamma. Dopo avere pasteggiato in una foresta di sandalo, si riposava un poco ed insegnava una rapida sintesi al Venerabile Sāriputtarā, prima di riandare nel mondo dei deva.
Il Venerabile Sāriputtarā era capace di restituire l'integralità degli insegnamento, grazie alla versione «concentrata» degli insegnamenti che il Beato gli lasciava. E trasmetteva, allora, a sua volta, l' abhidhamma ai suoi cinquecento discepoli. Buddha riusciva ad insegnare l'abhidhamma ai deva, senza la minima interruzione, poiché, quando discendeva, ogni giorno, sulla Terra, per raccogliere il suo pasto, consumarlo ed insegnare l'abhidhamma, in versione sintetica, al suo nobile discepolo, egli dava vita ad un doppio, che lo sostituiva! Così, creava in anticipo tutte le parole che la sua copia avrebbe insegnato. Solo i deva più dotati di poteri sene rendevano conto.
Sette giorni prima della fine del vassa, il Venerabile Mahā Moggalāna chiese a Buddha:
«Oh, nobile Buddha! Dove pensate di discendere, alla fine del vassa?
— Sapete, voi, dove il Venerabile Sāriputtarā ha trascorso il vassa?
— Presso la città di Sankassanagara.
— Molto giusto. Durante il plenilunio, io discenderò alla porta sud di questa città. La gente che desidera accogliermi deve solo recarsi laggiù. Questo luogo si trova a 30 yūjanā da Sāvatthi.
— Va bene, Venerabile Buddha. Trasmetterò questa informazione.»
Il giorno del plenilunio di ottobre, il Beato terminò di insegnare l'abhidhamma. I deva che lo avevano ascoltato — tra cui la sua antica madre — divennero sotāpana. Quindi, egli annunciò al re dei deva, Sakka:
«Poiché il mio insegnamento è terminato, io torno nel mondo umano.»
Il re dei deva preavvertì, allora, gli altri deva. Per discendere sino alla porta sud di Sankassanagara, Buddha fece apparire una scalinata, costruita con materiali preziosi, che si divideva in tre parti: una, centrale ed altre due laterali. La prima, sulla quale Buddha discese, era in pietre preziose; una delle laterali, in oro; e l'altra, in argento. Ai lati, con il re Sakka in testa, discendevano i deva, che accompagnavano Buddha, mentre lo riparavano con degli ombrelli. Lo spettacolo di questa maestosa discesa emanava una nobiltà ed uno splendore senza pari. Buddha aveva fatto in modo che ogni essere umano potesse vedere tutto, compresi i deva che lo scortavano. Egli radiava con i sei nobili colori, sotto l'acclamazione dell'immensa folla, venuta ad accoglierlo. In essa, molti desiderarono divenire un Buddha. Alcuni deva suonavano l'arpa, altri il flauto, altri ancora dei tamburi; mentre, ognuno, discendeva le scale. Tutti adoravano Buddha; lo veneravano, si prosternava, ammirandone la magnificenza. Giunto che egli fu alla fine delle scale, dette un insegnamento ai presenti. Al termine del quale, alcuni divennero sotāpana, altri sakadāgāmi, altri ancora anāgāmi.
Origine: Opera francese
Autore: Monaco Dhamma Sāmi
Traduttore: Guido Da Todi
Data: Gennaio 2004
Aggiornamento: 29 settembre 2011