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Introduzione alla disciplna monastica, che espone le sue origini, la sua utilità e la sua inestimabile importanza.
In effetti, il vinaya è il veicolo essenziale alla preservazione dell'insegnamento di Buddha.
Lo si neglige, sovente, per non dire ignora. Il vinaya è LA ragion d'essere dell'insegnamento di Buddha. Questa sezione del sito è molto ricca; comporta l'integralità delle regole monastiche — tra cui il pātimokkha -, numerose informazioni e delle spiegazioni molto dettagliate sulla maniera di gestire l'esistenza monastica, tutte le procedure importanti del saṃgha, accompagnate dalle loro formule in pali.
Cercate la libertà e diverrete schiavo dei vostri desideri.
Cercate la disciplina e troverete la libertà.
Il vinaya permette di beneficiare delle migliori condizioni possibili per apprendere a ridurre gli attaccamenti. E' quanto dà al bhikkhu i mezzi per seguire la giusta via di mezzo e restarvi. L'obbliga ad essere cosciente di ogni suo atto, in ogni istante, poiché solo a questo prezzo è possibile impedire ogni propria mancanza. Gli evita di disperdere del tempo e dell'energia in cose futili, focalizzandoli, invece, su ciò che è sano e benefico. Il vinaya permette al bhikkhu di essere irreprensibile in ogni situazione e di offrire ai laici che li sostengono un esempio di purezza, equilibrio e saggezza. D'altronde, il solo criterio visibile, che definisce la qualità di un bhikkhu, è la sua capacità di osservare il vinaya.
Il vinaya è un assieme di segnalazioni che permette al bhikkhu di sviluppare nel modo migliore il sīla più alto. Poiché il sīla è la base di ogni azione nel Dhamma, il bhikkhu che non si interessa del vinaya è un opportunista. Il pericolo che egli rischia è quello di rendere parassita la comunità che rappresenta, poiché la sua attitudine negligente può trascinare molte persone sulla cattiva strada. E', quindi, molto importante dedicarsi in modo corretto al vinaya. Fino a quando non è messo seriamente in pratica, i suoi inestimabili benefici non possono venire compresi. Come un mestiere, che, pur studiato teoricamente per anni, non lo si può veramente conoscere se non mettendolo in pratica. A proposito di mestiere, possiamo affermare che un bhikkhu è un professionista della condotta — tra l'altro.
Il significato di bhikkhu si definisce sia per il distacco, che per la condotta. D'altronde, essenzialmente, il non rispetto delle regole di condotta è dovuto a dei problemi legati all'attaccamento. Parallelamente, è il fatto di considerare queste regole che contribuisce allo sviluppo del distacco.
Allo stesso tempo, il vinaya permette pure che l'insegnamento di Buddha venga preservato. Senza vinaya non potrebbe esserci il saṃgha. Senza il saṃgha, l'insegnamento del Dhamma non può essere veicolato; poiché, solo una comunità organizzata e composta da esseri che abbiano realizzato in pieno il Dhamma — nibbāna — è capace di custodirlo intatto. Buddha diceva che se il suo insegnamento dovesse sparire, ciò sarebbe unicamente per colpa dei bhikkhu; per la loro mancanza di rispetto al vinaya.
Durante i primi anni, che seguirono la formazione del saṃgha, da parte di Buddha, non esisteva alcuna regola del vinaya, e né alcuna procedura dello stesso. I bhikkhu avevano tutti un sīla completamente puro: ed è per questo che non ve n'era bisogno.
Una persona virtuosa è provvista di buon senso, fatto che la porterà naturalmente ad evitare gli errori del vinaya, che riguardano solo degli atti nocivi da evitare e dei punti di condotta destinati ad adottare un comportamento nobile ed irreprensibile. Una simile persona sarà capace di evitare di commettere la maggior parte — se non tutti — degli errori del vinaya, senza neppure conoscerli.
Buddha non ha mai deliberato la minima regola d'ufficio. Ognuna di esse è nata da un'azione errata, commessa da un bhikkhu, e che spinse qualcuno a criticare, oppure a lamentarsi. Nel vinaya, per ogni regola si presentano i seguenti elementi: la storia che relaziona in quale contesto ed in quale maniera l'errore è stato commesso per la prima volta; le persone che lo criticano; quelle che lo riportano a Buddha; Buddha che convoca il bhikkhu che ha sbagliato e che lo rimprovera; Buddha che fa delle raccomandazioni al bhikkhu; Buddha che stabilisce la regola consequenziale (tale quale viene presentata nel pātimokkha); Buddha che indica tutti i dettagli necessari all'applicazione della regola.
Per ogni norma, il bhikkhu che ha commesso l'atto errato (del corpo, o della parola) che risiede alla sua origine non è in errore.
Il vinaya è tanto ben concepito che tutto è fatto per incitare ogni bhikkhu che ha sbagliato a purificare le sue azioni (errate) e a prendere provvedimenti per non rifarle; se no, egli rischierebbe di venire espulso dal luogo dove si trova. Così, i bhikkhu di ogni monastero restano puri, nobili, irreprensibili, degni di venerazione e beneficiano largamente di ogni condizione necessaria al compimento del Dhamma. Naturalmente, affinché un monastero ospiti un saṃgha puro, resta imperativo che i suoi bhikkhu anziani — oppure, i suoi bhikkhu responsabili — rispettino, essi stessi, e impongano ciò ai loro discepoli, il vinaya.
Lungi dal rappresentare un'obbedienza a chicchessia, il vinaya è uno strumento destinato alla propria libertà e non rappresenta altro che un assieme di punti di riferimento, che permettono a chi lo osserva di sviluppare al meglio il sīla, ingrediente di base indispensabile alla liberazione, che costituisce il compimento della via del Dhamma. Di conseguenza, è opportuno evitare accuratamente i due estremi opposti: farne meno, o farne più...
Consiste nell'osservare solo gli aspetti che ci piacciono, trovando sempre dei pretesti per non rispettare gli altri. Questo modo di osservare il vinaya è cattivo. Favorisce (tra l'altro) la pigrizia, la mancanza di attenzione, i rimorsi, le critiche, la mancanza di rispetto (da parte degli altri) e la non considerazione dei laici verso il saṃgha.
Consiste nell'osservare il vinaya tale e quale il Buddha ha stabilito dovesse venire seguito da ogni bhikkhu. Questo è il modo giusto di considerare il vinaya. I suoi vantaggi sono innumerevoli.
Risiede nel rispettare dei punti supplementari che Buddha non ha mai stabilito. Certi bhikkhu credono, così, di comportarsi meglio degli altri; ma, molto spesso, non considerano neppure gli elementi stabiliti da Buddha. Anche se questo è il caso, questi principi aggiunti sono, spesso, delle pratiche non autorizzate da Buddha, che molti tra di essi osservano al solo scopo di attizzare la venerazione delle persone; come astenersi totalmente dal parlare, rifiutarsi di mangiare del cibo cucinato da una donna, o non consumare alimenti dopo le nove (del mattino). Il vinaya, sancito da Buddha, è sufficientemente completo e perfetto in sé. Per i bhikkhu che desiderino adottare delle pratiche dal carattere più ascetico, Buddha ha insegnato i 13 dhutaṅga, ai quali i bhikkhu non sono tenuti. Questo modo di osservare il vinaya è negativo. Dispone (tra l'altro) alla difficoltà, alla fatica, alla schiavitù morale ed all'oblio dell'essenziale.
In questo sito sono integralmente segnalati gli errori stabiliti da Buddha per i bhikkhu (e per i novizi). Oltre a questi errori, Buddha ha indicato un vasto assieme di cose da evitare e dei doveri da compiere che, esposti integralmente nei cinque grandi volumi che contengono i testi del vinaya, non sono oggetto di sbagli. Buddha si è contentato di dire che in tale caso, un bhikkhu non deve comportarsi così; in tal altro non è conveniente che un bhikkhu si comporti in quel modo; e nell'altro, è opportuno che un bhikkhu faccia come indica; mentre, in tal altra situazione, un bhikkhu deve fare così.
I laici portano molta devozione al saṃgha. Generalmente, testimoniano molto rispetto ai bhikkhu e li sostengono con generosità. Essi meritano di avere un saṃgha degno di questo nome. Sarebbe vergognoso di approfittare di una simile generosità per godere di un'esistenza confortevole. I bhikkhu hanno il dovere di offrire ai laici una comunità irreprensibile. Non si deve dimenticare che essi rappresentano l'esempio da seguire. Resta, dunque, categorico che i bhikkhu si sforzino senza posa ad eccellere in condotta, in pazienza, nella pratica del distacco, ecc. Facendo questo, essi debbono seguire l'insegnamento del Dhamma, le istruzioni e i consigli degli anziani.
Un bhikkhu dovrebbe preoccuparsi costantemente di rispettare in maniera esatta tutte le regole di condotta (pātimokkha). Ogni volta che comprende male, o affatto, una norma, egli deve informarsi presso un bhikkhu che la conosce e che la comprende.
E' fondamentale non trascurare dei punti del vinaya, con il pretesto di "adattarsi" a delle situazioni. Nulla è lasciato al caso nel vinaya; esso è perfettamente valido, qualunque sia l'epoca, o il luogo. Chi bada ad adottare la condotta giusta non può incontrare dei problemi. Al contrario, raggiunge i suoi bisogni con facilità. Tutte le persone e tutte le cose si adattano naturalmente a lui, e non il contrario. Così funziona la realtà. Chi si sforza di praticare il giusto comportamento lo potrà constatare. La condotta di un bhikkhu non deve mai venire influenzata da una cultura qualunque, né dalle cattive abitudini che possono avere dei bhikkhu, nel proprio ambiente. In rivalsa, in condizioni inclini a causare un pericolo, i bhikkhu sono autorizzati a comportarsi di conseguenza. Per esempio, in un paese dal clima molto freddo, un bhikkhu non cadrà in errore se indossa un berretto, o delle calzature. Buddha rigettava ogni estremo. Ecco perché, d'altronde, il vinaya è relativamente flessibile, per ciò che riguarda i bhikkhu malati.
Buddha ha indicato ai bhikkhu di piegarsi a tutte le leggi dello Stato nel quale si sarebbero trovati; anche se una di esse avesse contrastato il vinaya (in tal caso, non si sarebbe stato errore). Allo stesso modo, un bhikkhu è tenuto a seguire ogni regolamento del monastero in cui abita. Se una legge, o regola, costringe a commettere un atto negativo, oppure ad adottare un comportamento malsano, ciò vuol dire che quel luogo non è conveniente per un bhikkhu.
E' un'inestimabile fortuna che Buddha abbia esposto l'intera istruzione della perfetta virtù. Tuttavia, ogni bhikkhu dovrebbe appellarsi al suo buon senso, nel disciplinare la propria condotta, e non piegarsi ciecamente alle regole stabilite. Quando un bhikkhu ha un dubbio, non sapendo se il suo agire è un errore, o meno, conviene che egli se ne astenga. In tal caso, sarà sicuro di non commettere uno sbaglio.
Su questo sito si trovano tutti gli errori del vinaya (per i monaci e i novizi).
Alla pagina "Le 227 regole, disponete di una lista ridotta (onde permettere un accesso chiaro e rapido) delle 227 regole del pātimokkha, sotto forma di links. Ognuno di essi punta su di una spiegazione molto dettagliata della regola corrispondente, su di un'altra pagina. I paragrafi di ogni regola (eccetto le minori) se presentano così:
Origine: Testo scritto per il sito.
Autore: Monaco Dhamma Sāmi
Traduttore: Guido Da Todi
Data: 2000
Aggiornamento: 29 settembre 2011